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23 dicembre 2008 ventunesimo giorno - Aratika.
Siamo in Niau, sono le ore 6,00 e faccio la sveglia per tutti.
Con i tappi di cera nelle orecchie riesco a dormire sino alle 5,00 di stamattina. Mi sveglio e mi alzo, mi vesto e mi spruzzo di antizanzare sulla pelle scoperta, esco a fare una passeggiata sul piccolo porto, c’è vento e la laguna è increspata, impossibile fare ricerche a vista, lo stesso sulla barriera. Rientro alle baracche e trovo i ricercatori preoccupatissimi, mi dicono che questa notte nessuno ha dormito per il rumore del vento che faceva sbattere tutto. Inoltre il pensiero degli animali che potevano entrare nella baracca (insetti, scarafaggi e magari topi) ha preoccupato tutti i ricercatori, sia maschi che femmine. Vorrebbero ritornare subito in Fakarava, ma spiego che le difficoltà locali di Aratika non dipendono dalla mia volontà. Spiego che non voglio obbligare nessuno a continuare questa avventurosa missione, e che se vogliono possono partire con la pilotina per Fakarava dove resteranno a fare i turisti sino alle date previste per i voli aerei di rientro in Italia.
Un momento di riflessione, per poi riparlarne a tavola mentre facciamo tutti insieme la prima colazione. I due ricercatori sub decidono di partire, quindi per loro la missione finisce oggi. Chiamo il sindaco che dopo qualche difficoltà a trovare il gasolio per la pilotina decide che può accompagnarli sino a Fakarava. Per fortuna mi chiama al vinì la polinesiana di Fakarava, a cui spiego i problemi, quindi aspetterà al porto di Fakarava i due e li sistemerà in pensione da qualche parte, questa sera appuntamento telefonico per gli aggiornamenti.
I due ricercatori sub preparano i bagagli e partono con la pilotina, intanto piove a raffiche e la baracca dove alloggiamo in parte si allaga.
Finita la pioggia restano le nuvole con un poco di vento, noi ci prepariamo a partire con un fuoristrada per cercare un posto idoneo alla ricerca delle conchiglie. Mentre andiamo verso il municipio squilla il vinì, è mio figlio Giovanni che chiede e-mail con foto per far uscire un articolo sul giornale. Gli spiego che Aratika è un deserto e l’ufficio postale appena costruito entrerà in funzione forse tra qualche mese, quindi niente collegamento internet. Approfittiamo per scambiarci gli auguri di Natale, perchè probabilmente non riusciremo a comunicare nei prossimi giorni. Arriviamo al municipio e c’è un altro cambiamento di programma, niente auto ma c’è disponibile un motoscafo veloce per andare al vecchio villaggio e poi fare una nuotata con maschera per cercare conchiglie. Partiamo dal porto ed in pochi minuti arriviamo al vecchio villaggio che è semi abbandonato, praticamente c’è solo una piccola chiesa cattolica ma ci dicono che nell’isola ci sono anche fedeli mormoni e sanito. Cerchiamo conchiglie sulla barriera ma non troviamo quasi nulla, evidentemente la pressione antropica ha eliminato quasi tutte le specie. Anche se siamo in una Riserva alcune aree, soprattutto quelle vicino ai centri abitati, hanno subito forte predazione antropica, quindi niente conchiglie. Il fatto di essere in isole sperdute, con difficoltà di rifornimento alimentare, spinge gli indigeni a predare principalmente a scopo alimentare tutte le risorse disponibili e prima di tutto le conchiglie per cibarsi dei loro molluschi. Sicuramente bisognerà intervenire per risolvere queste situazioni per dare un futuro alla Riserva per la conservazione della biodiversità. Proviamo a cambiare posto e quindi cerchiamo in un piccolo canale tra la laguna e la barriera ma troviamo solo molti Trocas viventi e poche altre specie di conchiglie con il mollusco morto ma con il paguro. Riprendiamo il motoscafo e ci spostiamo su un piccolo motù (isolotto all’interno della laguna) con pochi alberi pieni di nidi di uccelli (le sule), dove c’è un forte odore di pesce marcio e di guano. In tre ci tuffiamo mentre una ricercatrice resta sulla riva a cercare conchiglie da terra. Io ho problemi perché mi entra acqua nella maschera a causa dei baffi. Ci sono tanti pesci ed anche due piccoli pescecani pinna bianca ed uno grigio di oltre un metro.
Le nuvole sono scomparse ed il sole è fortissimo, decido che è meglio rientrare nella baracca. Appena arrivati una doccia e poi il pranzo a base di riso bollito e pesci a zuppa, grande mangiata e poi a dormire per recuperare parte del sonno perduto. Mi sveglia lo squillo del vinì, è la Polinesiana di Fakarava che mi conferma di aver trovato posto in una pensione a Fakarava per i due ricercatori sub. Mi dice anche che il sindaco di Aratika è inaffidabile perchè ha promesso senza mantenere gli impegni e mi conferma che domani sera o dopodomani mattina passera da Aratika una nave da carico che proseguirà per Fakarava. Quindi probabilmente avremo un passaggio e così andremo via da questo Atollo in anticipo rispetto al previsto.
Aratika è diventato un brutto posto per noi causa le persone che abbiamo incontrato.
Restiamo nella baracca per evitare il sole cocente, poi alle 17,00 i ricercatori vanno a fare una breve nuotata in laguna, io raccolgo un sacchetto di sabbia e poi vado in baracca a scrivere appunti su questo diario di bordo. Alle 18,30 la cena con sashimi e carpaccio di tahzard, restiamo a tavola a parlare, poi rientriamo in baracca. Prepariamo le torce, scarpe, retini, ecc. per andare sulla barriera alla ricerca notturna delle conchiglie. Vento che increspa l’acqua e onde ci impediscono di fare ricerca sulla barriera, ci accontentiamo del bagnasciuga che percorriamo per circa 300 metri camminando in pochi centimetri d’acqua. Una murena passa tra i piedi di una delle ricercatrici, mentre io catturo con le mani una aragosta di quasi mezzo kilo che mi trovo davanti. Naturalmente essendo in un’area protetta non possiamo uccidere l’aragosta per poi mangiarcela, quindi la lascio andar via. Una sola ricercatrice raccoglie più conchiglie di tutti noi tre. Rientriamo alle baracche e facciamo la selezione e l’inventario dei reperti. Poi due ricercatori ritornano sulla barriera per liberare le conchiglie con il mollusco vivente che ho scartato.
Sopravvale la stanchezza. Dormo subito con i tappi di cera nelle orecchie.
(FOTO DIREN - Pescecane)
Libero Gatti
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